mercoledì 5 settembre 2012

Telematica malinconia. Solo su questo divano, poi viene sera e si accende la luce. Un giovane Enzo Cucchi dice in video che il tempo è della donna, l'uomo quindi fa queste cose, fa l'arte, non ricordo bene l'intervista confusionaria nel suo intero, so solo che sul tempo e la donna mi trovavo d'accordo, per il resto ho solo pensato che negli anni '80 girasse un sacco di eroina di ottima qualità. Coca ed eroina insieme forse? O forse solamente questo suo modo di esprimersi gli serviva perchè faceva parte del personaggio? Forse ancora era un pò pazzo, oppure rimasto punto e basta. Molto più facile capire le interviste che fa oggigiorno, dove parla di Piero Della Francesca come se fosse un dio. Io forse direi la stessa cosa per Schiele, ma sono periodo diversi, ci sono i gusti personali, e c'è da dire anche che l'artista ricco ed affermato è lui, questo quindi per una sorta di legge della credibilità non scritta propria della popolarità in democrazia, dovrebbe dargli ragione. Poi ch'è l'età... anche se la transavanguardia sembra un fenomeno un pò troppo italiano ed ha fatto molto gioco ad Achille Bonito Oliva... ma chi sono io per dire niente... chi sono io per capire, nessuno, e così dovrò guardarmi meglio tutti i dipinti di Piero Della Francesca, e forse valutare l'idea di farmi qualche spada. In fondo non è che ci si affonda in una corrente artistica per una giornata, e si diviene esperti, manco fossi un critico! No, non mi interessa nemmeno. La cosa che mi interessa, o meglio, che mi è rimasta impressa, è questa idea della donna e del tempo, dell' arte come i cavalli, questa figura ridente che esplica come ecce bombo di questioni esistenziali in riprese anni '80. Chiusa probabilmente anche l'ultima relazione, o forse solamente socchiusa, guardo il mio album fotografico celebrale, cerco di capire i miei limiti nel collocarmi in un tempo in cui la donna trova il suo perchè. Mi schiudo fra le vie di un quartiere che si avvia verso la cena, passo un dopocena malinconico e noto la luna, sfumata e per più di metà risplendente, nella finestrella di cucina. Ritorno al mio album fotografico mentale, capisco per l'ennesima volta quest'oggi che dovrei studiare, studiare senza divagare col cervello verso distrazioni. La tapparella scoperta della stanza indica un soffitto che avrebbe avuto bisogno di una riverniciata già cinque o sei anni fa. Poi penso che il fumo di sigaretta non ingiallisce solo le mie dita. Socchiudo l'anticamera della memoria e ci do un ultima sbirciata dentro. Le immagini in penombra lasciano trapelare tutti quei sorrisi su volti femminili di giorni, mesi od anni passati. Mi rendo conto della mia gioventù anagrafica, e della vecchiaia fisica di qualche mio organo interno. Il portacenere, in alluminio accartocciato, contiene una lampadina fulminata fra la cenere. Una vecchia E27 40W col vetro bello tondo, che slarga solo verso l'attacco. Una poesia totalmente differente da quella della nuova lampadina a risparmio energetico bianca a spirale che ora illumina la mia scrivania. Ed illumina con la metà del wattaggio, ma illumina molto di più, e molto più nitidamente. Forse questo vuol dire crescere. Poi penso se masturbarmi o meno, è tardi, e dovrei studiare. No, non rileggo, e chiudo.