martedì 19 gennaio 2010

La vita non basta

Come ben sappiamo, l’uomo, animale sociale per definizione, non è un entità indipendente, ma è strettamente connesso al territorio e alla socialità.
Il territorio adempie alle necessità umane causate dalle dipendenze necessarie alla sopravvivenza quali cibo e i ripari per dormire.
Questa tipologia di dipendenze indispensabile per la sussistenza viene affiancata da quella non meno indispensabile delle dipendenze a livello di interazione sociale.
In alcuni casi, esemplari umani sono riusciti ad assottigliare queste ultime tramite l’ eremitaggio, la riduzione del bisogno alimentare e di quello di riposo.(qui ci sarebbe da vedere quanto i luoghi di meditazione hanno legame con i soggetti in questione.)
Dato innegabile è però il fatto che l’adempimento a queste necessità rimane un fattore naturale e caratterizzante della specie, oltre ad essere indispensabile.
Nessuno infatti oserebbe condannare qualcuno per questo.
L’allargamento del campo delle dipendenze invece è visto spesso negativamente poiché la stragrande maggioranza di esse stringe un legame non con la vita ma con la non vita e spesso con la morte.
Escluderei tutte quelle dipendenze che provocano un effetto di alleggerimento del quotidiano per andare al caso specifico cardine del legame con la morte: il caso dei consumatori di tabacco.
I tabagisti, spesso inconsciamente (ma dopo un certo livello di consumo, dipendenza e tempi di durata della stessa, non così inconsciamente direi) stringono un legame con una necessità che invece di migliorare le condizioni di salute le deteriora.
L’utilizzo del tabacco non crea nessun miglioramento a livello di percezione della realtà, pertanto eludendo la semplice motivazione semplicistica del vizio fine a se stesso, si può notare il forte legame con la morte presente in questa classe di consumatori che finiscono solo per danneggiarsi.
La scusante più comune è legata allo stress causato dal vivere, ebbene, dietro questo fattore non si vede forse la generale insoddisfazione generata dal modello di vita socialmente praticato?
Questa è la piccola punta di un iceberg.
La vita non basta più per come è viene proposta, per le scelte che può compiere il singolo.
Il modello sociale odierno infatti propone una serie di scelte piuttosto ampia ma relegata comunque all’interno di una serie di norme e regolamenti (anche non scritti) che portano alla generale insoddisfazione.
Le motivazioni sono molteplici, fattostà che per assurdo il tabagismo permette la semplice continuazione della vita in legame col, seppur non così evidente, finire della stessa.
La ricerca di esperienze al di fuori della socialità proposta nel quotidiano è largamente coperta dal consumo di droghe in età adolescenziale per taluni.
Lo stato, invece che continuare a fare battaglie (fasulle) contro il tabacco e (un pò meno fasulle) contro le sostanze stupefacenti, dovrebbe invece andare alla radice ed analizzare tutto il sistema che propone.
Il singolo dovrebbe invece cercare di cambiare la situazione riuscendo a sfuggire all’ultimo dei meccanismi di protezione del sistema, il meccanismo che induce all’ autodistruzione.
La questione non è semplice, e da disillusi ci si sente spesso in fondo a un pozzo dal quale non c’è modo di uscire, data la rassegnazione dilagante a merito di piccoli privilegi conquistabili a livello sociale.
L’ambiente e la socialità sono naturalmente le matrici di trasformazione sociologica, ma quando queste matrici vertono contro la vita sana e autonoma del singolo, allora c’è da preoccuparsi.
Non sarebbe più semplice, più produttivo per noi stessi, e più intelligente cercare semplicemente di vivere secondo il nostro credo cercando di modificare l’ambiente circostante a qualunque costo?Più semplice probabilmente no.
La vera problematica in tutta questa questione è la massa.
La massa non riesce nemmeno a capire quale sia il problema delle sue insoddisfazioni, anzi, cerca di celarle, di fare finta che non ci siano.